Robin Hood - L'Oridine della Leggenda, la recensione

Il film racconta una versione alternativa della storia del leggendario bandito di Sherwood, interpretato da Taron Egerton.

Robin Hood – L’Origine della Leggenda parte con le stesse premesse che la maggior parte dei film che rivisitano una leggenda si pongono: pensate di conoscere la vera storia, ma non è così. E via di racconti alternativi, nuovi personaggi, nuovi passaggi narrativi che arricchiscono e rendono più complessa una leggenda, che alla base è molto elementare e si esaurisce nel populista ma sempre confortante “rubare ai ricchi per dare ai poveri”.

Il Robin di Loxley di Taron Egerton non è solo questo, dal momento che il suo personaggio parte con l’essere un nobile di Nottingham alquanto ordinario: sfrontato, di bell’aspetto, non troppo altruista, in verità. Allontanato dai suoi possedimenti e dall’amata Marion (non più Lady), il signorotto inglese si fa le ossa in Terra Santa, dalla quale torna profondamente cambiato e in compagnia di John (il personaggio interpretato da Jamie Foxx che è una buffa crasi tra l’Azeem del film del 1991 e Little John). Con il sodale, reduce dalla guerra, Robin organizza una sommossa popolare, una rivolta che ha come scopo detronizzare lo sceriffo di Nottingham (Ben Mendelsohn, rimasto nel ruolo di Orson Krennic di Rogue One) e ridistribuire la ricchezza.

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Robin Hood – L’Origine della Leggenda è un prodotto per un pubblico molto giovane, il che lo rende impossibilitato a spingere sull’acceleratore della violenza, lasciandolo nel limbro di un film che fallisce anche solo l’intenzione di intrattenere il pubblico.

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